IL GIOVANE RICCO E RE SALOMONE
Sia il giovane ricco del vangelo di Marco che il re Salomone hanno dovuto fare una scelta molto difficile. Dovendo prendere una decisione simile, qual...
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La Domenica delle Palme nella maggior parte delle Chiese cristiane prevede la distribuzione di palme e una commemorazione dell’ingresso trionfale di Gesù in Gerusalemme in mezzo a grida di Osanna. Ma qual è il significato della sua decisione di entrare in Gerusalemme sul dorso di un asino? Ha tutto a che vedere con il fatto che la vera vittoria deve essere una vittoria dell’umiltà.
Domenica delle palme — Quando un eroe conquistatore del mondo antico entrava trionfante in città, lo faceva su di un cocchio regale o in groppa ad un magnifico stallone. Legioni di soldati lo accompagnavano in processione per la vittoria. Venivano spesso eretti archi trionfali decorati con sculture in rilievo per immortalare la gloria della sua vittoria.
Dopo aver allontanato i demoni, guarito i malati, e risuscitato i morti, era arrivato il momento che il Re dei Re entrasse nella Città Santa. Ma per farlo, non cavalcò un cavallo di battaglia, ma un asino. I suoi compagni lo accompagnarono brandendo non spade, ma rami di palma. Il monumento alla sua vittoria, eretto una settimana più tardi, non sarebbe stato un arco di trionfo, ma un crocifisso.
Il suo inizio sulla terra fu terribilmente umile. E la sua fine terrena non sarebbe stata diversa. Il legno della mangiatoia prefigurava il legno della croce.
Dall’inizio alla fine, i dettagli sono umilianti. Non c’è posto nella locanda. Nato in mezzo al fetore di una stalla. Braccato dagli uomini di Erode. Cresciuto in una provincia lontana dell’Impero Romano – la Galilea, la terra dove l’accento contadino è così denso che si può tagliare con un coltello. Come è stato possibile che la serva del sommo sacerdote sapesse che Pietro era un discepolo di Gesù ? Il suo accento contadino lo tradiva (Mat 26:73). I discepoli di Gesù non erano uomini colti. Erano stati scelti tra gente che conduceva una vita umile in una regione depressa.
Quando ad uno dei suoi più stretti compagni fu offerto di tradirlo, lui non chiese milioni. Il valore di Gesù venne stimato niente di più del valore “contabile” di uno schiavo che secondo l’Antico Testamento era di trenta sicli d’argento (Es 21:32). Quando fu finalmente consegnato ai Romani, non gli venne data la punizione inflitta ai cittadini romani. La decapitazione era il metodo di esecuzione dignitoso e rapido per una persona di qualsiasi rango. Invece a Gesù fu data una punizione riservata solo agli schiavi e ai membri ribelli dei popoli soggiogati: flagellazione e crocifissione. Non era solo il dolore, ma anche l’umiliazione. Nella Palestina del primo secolo, gli uomini e le donne in genere si coprivano dalla testa ai piedi, anche nel caldo torrido. Un uomo crocifisso veniva spogliato nudo e messo in mostra agli occhi di tutti.
Ma questa anzitutto non è una storia di violenze e umiliazioni. Gli eventi della Settimana Santa riguardano soprattutto amore e umiltà.
Ecco perché nella Domenica di Passione leggiamo le parole potenti della lettera di Paolo ai Filippesi (2,6-11). Anche se il Verbo Divino era Dio, che dimora nelle altezze serene della gloria celeste, Egli si immerse liberamente negli abissi della miseria umana, unendo se stesso alla nostra fragile natura, entrando nel nostro mondo turbolento. Come se questo atto di umiltà non bastasse, si umiliò ulteriormente, accettando uno stato di schiavo. Il suo atto di chinarsi per lavare i piedi ai suoi discepoli (Gv 13 ) fu la parabola di tutta la sua esistenza umana, perchè questo atto era considerato così poco dignitoso che neppure gli schiavi israeliti potevano essere costretti a farlo.
Ma è proprio questo: Gesù non fu costretto a farlo. Egli si calò liberamente nella sua nascita, nel suo ministero, nella sua morte. Nessuno si tolse la vita per lui. Egli diede liberamente la sua stessa vita (Gv 10,18). Gli altri non ebbero la possibilità di umiliarlo: Lui umiliò se stesso.
Doveva essere così. Il secondo Adamo ha dovuto annullare i danni causati dal primo. Quale era il peccato dei nostri progenitori? Disobbedirono perché volevano sapere ciò che Dio sapeva, essere come Dio, per esaltare se stessi più di Dio (Gen 3). Furono morsi dal Serpente che iniettò in loro il veleno mortale dell’Orgoglio. L’antidoto, l’anti-veleno poteva essere solo l’umiltà. Il Nuovo Adamo che lavava i piedi e cavalcava un asino avrebbe schiacciato la testa del serpente mortale per mezzo di una amorevole, umile obbedienza.
Il primogenito di molti fratelli abbassò se stesso alla polvere dalla quale il primo Adamo era stato plasmato – sappiamo che la parola umiltà deriva dalla parola “humus”. Ma Dio ha risposto alla sua umiltà esaltandolo al di sopra dei Cesari, dei re, e persino (udite,udite) delle star di Hollywood. E ci invita a condividere la Sua gloria con Lui. Ma prima dobbiamo camminare sulla Sua strada verso la gloria, la via reale della croce.
Questo articolo sulla Domenica delle Palme come la vittoria dell’umiltà è offerto come riflessione sulle letture della Passione o della Domenica delle Palme, Ciclo A (Matteo 21: 1-11, Isaia 50: 4-7; Salmo 22; Filippesi 2: 6-11 ; Matthew 27: 14-27: 66).
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