AMOR PROPRIO, ABNEGAZIONE E LA CROCE

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Gesù ci invita alla abnegazione, a prendere la nostra croce e seguirlo. Ma ci dice anche di amare il prossimo come noi stessi. L’amore di sé è sempre sbagliato?

Quando la rivista “Self”[“me stesso”] ha fatto il suo debutto qualche decennio fa, è stato certamente un segno dei tempi. La nostra è un’età in cui è socialmente accettabile ammettere che la vita è tutta basata su di me.

Ma l’egoismo non è niente di nuovo. Sin da quando Eva addentò il frutto proibito, gli esseri umani hanno scelto di sradicare Dio e di mettere al suo posto la sorda trinità di me, io e me stesso.

Amare sè stessi

Eppure, Gesù ci comanda di “amare il prossimo come noi stessi”. Questo non significa allora che l’amore di sé è giusto, persino necessario?

Assolutamente. Dio ha posto in noi una spinta verso l’autoconservazione. Ha reso piacevoli le attività vantaggiose, come il mangiare. Mentre ha reso dolorose le attività distruttive.

Ma Lui ci ha anche dato intelletto e volontà per non essere guidati semplicemente dall’ istinto, come gli animali. Così l’antico nemico dell’umanità deve fare del suo meglio per ingannare il nostro intelletto e farci credere che ciò che è distruttivo è in realtà un bene per noi. E ci invita a usare la nostra volontà nello scegliere queste cose distruttive contrarie ai comandamenti di Dio. Il fine giustifica i mezzi, egli sostiene, e quindi se dobbiamo calpestare gli altri e sfidare Dio per ottenere ciò che vogliamo, così sia.

Abnegazione

Questo è il tipo di amore di sé che Gesù condanna (Mt 10,37-42). Porta a rovina, confusione e vuoto. Non c’è modo di domarlo o di adattarlo alla religione. L’unica soluzione è eliminarlo.

Nel battesimo, questo vecchio io egocentrico viene crocifisso e sepolto con Cristo (Romani 6:11). Non può che esserci un solo Signore, Gesù o me. Accettarlo significa permettergli di comandare consentendogli di prendere le decisioni e dirigere i nostri passi. Sollevare la croce e seguirlo significa accettare la volontà del Padre, anche dove “oltrepassa” la nostra volontà, anche quando conduce alla sofferenza. Questo è il significato delle parole di Gesù a Pietro: ” quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi”(Giovanni 21:18)

Seguimi!

Quando Gesù ebbe finito di dire questo, egli guardò Pietro e gli disse “Seguimi”. Alcuni anni fa Lui ha ripetuto quasi lo stesso ad un nuovo successore di Pietro, Papa Benedetto XVI. Quegli esperti che hanno parlato della sua manovra per costruire un sostegno alla sua “candidatura” prima e durante il conclave mi fanno ridere. Il Cardinale Ratzinger aveva cercato di ritirarsi per ben due volte prima della morte di Giovanni Paolo II! Entrambe le volte il Papa aveva rifiutato di accettare le sue dimissioni. Quando durante il conclave lui vide che la sua elezione cominciava a prendere impeto, gridò a Dio chiedendo di essere risparmiato. La stanza in cui il Papa appena eletto indossa i vestiti papali è chiamata “la stanza delle lacrime” per una buona ragione.

Gesù dice “seguimi” a ciascuno di noi. Può voler dire cambiare carriera. Può significare scongiurare una relazione che ci porta via da Cristo. O forse significa fare ciò che stiamo già facendo, ma per una ragione completamente diversa.  Ottenere grandi cose non per attirare l’attenzione su noi stessi, ma per glorificare Cristo. . . Cercare una relazione intima non più per prendere ma per dare. . . Lavorare non per il fine settimana, ma per il regno.

Perdere sè stessi per trovare sè stessi

mother and baby
È ironico che proprio un tale abbandono della nostra agenda è ciò che permette a Dio la libertà di darci il vero desiderio dei nostri cuori. Perché lui ci conosce meglio di come noi conosciamo noi stessi e ci ama più di quanto noi amiamo noi stessi. Perciò perdere noi stessi per il suo bene ci consente finalmente di trovarci. Rinunciare all’amor proprio è in realtà fare in modo assennato il proprio interesse personale.

Questo è proprio quello che vediamo con la donna di Sunem che si dedica ad un uomo di Dio,aprendogli la sua casa e il suo cuore (2 Re 4: 8-11). Lei era sterile in un’epoca in cui la sterilità era la più grande delle maledizioni. Ma lei ha dimenticato le sua necessità per soddisfare i bisogni di Eliseo. In cambio Dio ha spinto Eliseo a soddisfare il suo bisogno. Perchè una cosa è certa di Dio – Lui non sarà mai superato nella generosità.

Questo scritto sull’amore di sé e il negare se stessi per raccogliere la croce è offerto come riflessione sulle letture della tredicesima domenica del tempo ordinario, ciclo liturgico A (2 Re 4: 8-11, 14-16a, Ps 89, Romani 6: 3-4,8-11, Matteo 10: 37-42).

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