L’OBOLO DELLA VEDOVA, IL PASTO DELLA VEDOVA

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La storia evangelica dell’obolo della Vedova e quella della visita dell’Antico Testamento del profeta Elia alla Vedova di Zarepta sono storie bibliche ben note. Due donne semplici ma eroiche – che ci richiamano a virtù eroiche nel mezzo della vita di tutti i giorni.

L‘intervallo di tempo tra le due vedove nelle letture di questa domenica è considerevole. Un sacco di cose cambiano in 800 anni. Ma le società di quei due periodi avevano una cosa in comune, non offrivano nessuna assistenza sociale, né tantomeno prospettive di pensionamento. Senza un marito che provvedesse al loro sostentamento, entrambe le vedove erano letteralmente alla mercé di coloro che stavano attorno a loro, totalmente dipendenti dalla generosità degli altri.

Elia e la vedova di Sarepta

Quando a tutto questo si aggiunge una grave carestia, il quadro che ne emerge è davvero piuttosto cupo. Così, quando Elia incontra la vedova di Sarepta, lei gli confida che sta per preparare quello che lei aspetta essere l’ultimo pasto per sé e per il figlio.

Ma questo non scoraggia Elia. Lui ha la faccia tosta di chiedere che lei porti cibo a lui per primo, ancor prima di prendersi cura di suo figlio. Questo non segue la nostra normale idea di generosità né di ospitalità. La saggezza prevalente suggerisce di nutrire gli ospiti dopo che abbiamo nutriti i nostri bambini. Prima paghiamo le bollette, poi doniamo ai poveri una parte della nostra tredicesima o del rimborso fiscale.

Ma la vedova di Sarepta dà ciò che le è rimasto. Come la vedova del Vangelo che mette il famoso “obolo” nel tesoro del tempio, il quale obolo non viene dal suo surplus, ma da quello che vuole. Lei prima dà e solo più tardi si pone domande circa i suoi bisogni.

Generosità e Fede

Per poter fare questo ci vuole non solo generosità, ma anche fede. Forse questo è parte del messaggio. Queste vedove sapevano che Dio le stava invitando a non contare su di se stesse ma su di Lui per il loro sostentamento. Pertanto, non vi era alcun motivo di tener stretto nelle loro mani quello che avevano oggi, dal momento che Dio avrebbe fornito loro altro pane all’indomani. Ricordate la manna che cadde nel deserto? Era vietato raccoglierne più di una quantità giornaliera, tranne la vigilia del sabato, perché ogni lavoro, anche la raccolta della manna, era vietata il giorno di sabato.

Non sappiamo come la vedova del Vangelo se la cavasse nei giorni successivi alla donazione del suo obolo a Dio. Ma sappiamo che per speciale intervento divino, quel pò di olio e farina della vedova di Sarepta sarebbe durato giorno dopo giorno fino a quando la carestia si sarebbe conclusa nel paese. Lei che era stata disposta a dare una tazza di acqua fredda ad un profeta ricevette certamente la ricompensa del profeta.

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Doni nascosti

C’è qualcos’altro che le due vedove hanno in comune. Spesso, quando la gente dona grandi somme di denaro, si preoccupa che gli altri notino bene. Il desiderio di impressionare gli altri supera il desiderio di piacere a Dio. Per gli scribi del tempo di Gesù , contava “mantenere le apparenze.” Abiti pregiati, posti in prima fila, devote preghiere pubbliche, tutto serviva a rimarcare che loro erano persone degne, davvero religiose. Il Vangelo non lo dice chiaramente, ma si può immaginare che, se succedeva che mettessero un sacco di soldi nel tesoro del tempio, loro avrebbero fatto in modo che tutti lo sapessero.

I doni delle due vedove, d’altro canto, erano nascosti alla vista degli altri. Non sapremmo mai della bontà e del coraggio della vedova di Sarepta se l’autore ispirato non avesse posto questa storia nel primo libro dei Re. Similmente nessuno avrebbe notato la vedova che faceva cadere una sola moneta nel cestino se Gesù non avesse richiamato l’attenzione degli apostoli per l’accaduto commentando il suo significato. Anzi, dovremmo ricordarci che, mentre ben poco della nostra vita raggiunge il telegiornale della sera, Dio vede tutto, anche i più piccoli atti di generosità e di fede.

Non quanto si dona

Ovviamente le storie delle due vedove non sono state riportate per il loro bene. Esse hanno ricevuto la loro ricompensa ed ora nessuna notorietà terrena potrebbe fare loro alcun bene. No, queste storie sono raccontate ancora ed ancora per noi. Servono a ricordarci che in ultima analisi, non si tratta di quanto diamo, ma di come lo diamo, ovvero da quanta fede e da quanto amore nasce il nostro dono.

Questo scritto sulla vedova di Sarepta e l’obolo della vedova è una riflessione sulle letture per la 32a Domenica del Tempo Ordinario, Ciclo B. (I Re 17, 10-16, Salmo 146, Eb 9: 24-28, Marco 12: 41-44).

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