Miracoli che Gesù non poteva fare

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La storia della deludente accoglienza di Gesù nella sua città natale di Nazareth risponde a una domanda posta da molti: se Dio è onnipotente, come si può dire che ci sono dei miracoli che non può compiere? La sorprendente risposta ci dice molto su incredulità, fede e la natura di Dio.

Nel corso delle ultime due domeniche, il Vangelo di Marco ha reso molto chiaro che Gesù è veramente Dio onnipotente, sovrano del mondo e signore della vita e della morte.

L’accoglienza della città natia

Ma questa settimana si arriva a una storia che ci dà molto da pensare. Gesù va al suo luogo natio, e viene ricevuto in modo tutt’altro che giubilante. “Trovarono che lui era troppo per loro.” Questo potrebbe non essere una gran sorpresa per chi è abituato alla vita familiare. Ma quello che davvero stupisce sono queste parole: “Non potè compiere nessun miracolo lì. . . tale fu l’angoscia che gli procurò la loro mancanza di fede”.

La fede come invito

Un momento. Gesù era Dio e perciò onnipotente. Dire che lui non era in grado di fare miracoli in un determinato luogo, non è forse ammettere che lui non è Dio?

Non proprio. Dio esercita il suo potere solo in modo degno della sua natura. Dio è un amante, non è uno stupratore. Egli cerca di dare il suo amore a coloro che liberamente lo accettano e aprono il cuore a Lui. Si rifiuta di violare i desideri di coloro che egli ha creato a sua immagine e somiglianza, i quali possiedono intelletto e volontà. Egli controlla direttamente il vento e le onde, basta un semplice comando, perche’ il vento e le onde sono forze inanimate. Ma per quanto riguarda gli esseri umani, si rende disponibile e attende un invito. L’invito con cui gli chiediamo di venire nella nostra vita e calmare le nostre tempeste interiori si chiama fede.
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La fede come una decisione e non come un sentimento

La fede non è, dunque, un’emozione. Non si tratta di una garanzia interiore, un sentimento di fiducia che è privo di ogni ombra di dubbio o di paura. Si tratta piuttosto di una decisione, a volte fatta con le ginocchia tremanti. Si tratta di un sì che dà a Dio il permesso di lavorare nella nostra vita e riorganizzarne l’arredamento se lo desidera.

Ciò significa benedizione, guarigione, salvezza e miracoli. Ma significa anche cedere alla sua volontà, al suo disegno, alla sua tabella di marcia. E, naturalmente, questa è la parte che non ci piace. Che cosa penseranno gli altri di me? Sarò ancora in grado di passare il sabato sera nel modo in cui l’ho sempre passato? Io lavoro duro per per guadagnarmi da vivere e merito di poter staccare la spina ogni tanto! Sarò ancora in grado di uscire con Giuseppe, di vivere con Maria?

Cedere il controllo

A volte non siamo molto soddisfatti del modo in cui stanno le cose, ma almeno tutto ci è familiare. Sappiamo cosa aspettarci. Siamo in controllo, o almeno pensiamo di esserlo. Fede significa cedere il controllo, il che ci spaventa. Siamo liberi di dire no, e francamente lo facciamo spesso. A volte diciamo dei no non molto decisi, lasciamo che Dio ci porti fino ad un certo punto ma non oltre. A volte esprimiamo un “no” molto fermo, che chiude Dio completamente fuori dalle nostre vite.

Questo è il tipo di “no” che Gesù ha incontrato durante la Sua visita a Nazaret, e che i profeti prima di Lui ricevettero spesso dal popolo di Israele.

La mancanza di fede chiude la porta

Allora, se Gesù era divino e perciò onnisciente, perché si prese la briga di andare a Nazaret?
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Per la stessa ragione per cui Dio mandò Ezechiele agli Israeliti dicendogli in anticipo che gli avrebbero resistito. Il Signore ha voluto togliere ogni scusa. Dio ha amato il suo popolo abbastanza da offrire loro tutte le opportunità per la guarigione e la liberazione per la quale avevano tanto pregato, esponendo la loro finzione, per così dire. Gerusalemme supplicava la liberazione dai Babilonesi e la gente di Nazaret probabilmente pregava per la guarigione dello zio GIacobbe o per il cibo per gli orfani della città. In entrambi i casi Dio si presentò, pronto a offrire i suoi doni, ma a loro non piacque il modo in cui i doni erano confezionati e respinsero tutto.

Al giudizio finale , quando la nostra vita lampeggerà davanti ai nostri occhi, ci verranno ricordati i tempi in cui Dio ci fece visita e gli sbattemmo la porta in faccia. Ora è il momento di chiedere scusa e aprire la porta.

Questo scritto si concentra sulla fede, l’incredulità e i miracoli che Gesù poteva e non voleva fare nella sua città natale di Nazareth. Riflette sulle letture della quattordicesima domenica del tempo ordinario, ciclo liturgico B (Ez 2: 2-5; Salmo 123; 2 Cor 12: 7-10; Marco 6: 1-6).
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