Domenica del Gaudete – Gioa dell’Avvento e Giovanni Battista
Giovanni Battista è spesso pensato come una figura severa e torva. Ma di fatto, potrebbe essere il santo patrono della gioia! Forse è per questo che e...
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La parabola dei due figli rende chiaro che dire di sì a Gesù Cristo è più un fatto di azioni ed opere che non di parole e promesse. Parlare è facile, ma è il linguaggio dei nostri atti che non mente mai.
Le parole non mancheranno mai. Le parole sono abbondanti perché parlare non costa. È facile fare una promessa. Mantenere una promessa è invece una cosa completamente diversa, come il Vangelo di questa Domenica rende ampiamente chiaro.
Ci sono oltre un miliardo di persone sul pianeta che hanno promesso solennemente di vivere una vita di servizio amorevole verso Dio. Questo è infatti quello che battesimo e Cresima significano. Milioni rinnovano questa promessa ogni Domenica. Questo è ciò che significa dire il Credo e ricevere la comunione . Ma cosa dicono le nostre azioni? Purtroppo, la maggior parte dei cristiani battezzati hanno stili di vita che non corrispondono pienamente alle parole che professano.
Le azioni parlano più forte delle parole. La lingua spesso mente. Ma il linguaggio dei nostri atti non mente mai. Esso rivela la nostra vera traiettoria, le nostre vere priorità.
La Parola di Dio è più che parola. La sua Parola è talmente rilevante da essere una Persona, la Seconda Persona della Santissima Trinità. E questa Parola non era soddisfatta di dire “ti amo”. Piuttosto entrò in azione, spogliandosi di ogni gloria, assunse la forma di uno schiavo, guarìva i malati, e si abbassava fino a lavare i piedi altrui. L’ultima e definitiva parola del Verbo fu la croce, la lettera d’amore più eloquente mai scritta, il Post Scriptum finale di una vita di 33 anni di amore in azione (Fil 2, 1-11).
Non abbiamo bisogno di ottenere il favore di Dio attraverso opere perfette. Il Figlio lo ha fatto per noi perché noi non eravamo in grado di farlo. Ma abbiamo bisogno di ammettere il nostro bisogno di Lui, pentirci dei nostri peccati, accettare quello che Gesù ha fatto per noi, e cercare la volontà del Padre nella potenza dello Spirito.
Noi diciamo “mi dispiace.” Ma la contrizione è più che dire “mi dispiace”. Essa comprende la determinazione di cambiare la propria vita con l’aiuto della grazia di Dio ed evitare “le occasioni prossime di peccato.” Se diciamo che ci dispiace cadere giù da un dirupo e poi, subito dopo, ci rimettiamo di nuovo ai bordi del dirupo, le nostre azioni soffocano le nostre deboli parole. Se andiamo a confessare un peccato sessuale ma non riusciamo ancora a cancellare il nostro abbonamento alla rivista Playboy, potremo ingannare il sacerdote e forse anche noi stessi, ma non riusciremo di certo ad ingannare Dio.
Quando nella parabola dei due figli, un ragazzo dice di sì alla volontà del Padre e poi non riesce a farlo, c’erano probabilmente delle scuse “Ho dimenticato.” “lo faro’ in un secondo momento.” “Ero troppo occupato.” “Faccio più della mia parte-tocca a mio fratello farlo.” Dio è saggio in tutto questo. Sente la vera risposta :”No”. Il figlio più giovane non avrebbe detto di no al Padre verbalmente. Ma poi cambia idea. E le sue azioni rivelano questo cambiamento.
Molti non capiscono come un Dio amorevole possa condannare qualcuno all’inferno. Penso che la risposta sia semplice. Sì, Lui è un Dio amorevole è anche un Dio onesto. E insiste che le persone che ha creato sono libere di essere oneste con se stesse e accettare la responsabilità per la risposta che liberamente scelgono di dare alla Sua chiamata.
Nessun “forse.” Nessun “ci devo pensare.” Solo un semplice sì o no. Fino alla fine, abbiamo la libertà di cambiare le nostre risposte. Ma le risposte definitive che Dio legge non sono scritte in alfabeto ebraico, greco, romano, ma nel carattere forgiato dalle nostre azioni.
Questo scritto intitolato “parlare non costa” si concentra sulla parabola dei due figli. Sottolinea la differenza tra parole e promesse da una parte e azioni e fatti dall’altra. Viene offerta come riflessione sulle letture per la ventiseiesima Domenica del Tempo Ordinario, ciclo liturgico A (Ezechiele 18: 25-28, Salmo 125, Filippesi 2: 1-11, 27; Vangelo di Matteo 21: 28-32).
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