L’AVVENTO COME STAGIONE DELLA SPERANZA
L’Avvento è una stagione di gioia e di speranza. Paolo dice di rallegrarci nella speranza. Ma che cos’è la speranza, comunque? In che modo...
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Il cristianesimo consiste nel ricevere un dono gratuito di salvezza – è vero. Ma consiste anche nel trasmetterlo. Ma non c’è anche bisogno di una laurea e di un addestramento approfondito? Il fatto è che Dio non si preoccupa di chiamare chi è equipaggiato quanto di equipaggiare chi è chiamato. Ci muoviamo rapidamente da discepoli ad apostoli e profeti per condividere la missione della Chiesa e l’apostolato laico.
Chi non gradisce articoli in omaggio? Gli inserzionisti pubblicitari sanno che una campagna avrà risultati molto migliori se ci sono campioni gratuiti o un dono gratuito con ogni acquisto. Un mio amico ha sempre vissuto con questo motto: quando è gratuito, prendine due.
Ma quando riceviamo un favore, siamo abbastanza intelligenti da sapere che ci deve pur essere un qualcosa da fare in cambio. Chi dà di solito si aspetta qualcosa in ritorno.
All’inizio della lettera agli Efesini, San Paolo ci dice che Dio è il più generoso di tutti i donatori. In realtà la sua è una generosità incommensurabile ed illimitata. Egli non ci dà una percentuale di sconto sul nostro prezzo d’acquisto, o qualche ciondolo per invogliare all’acquisto. Egli non perdona alcuni peccati per poi chiedere che paghiamo il resto del nostro conto. Egli cancella completamente il debito e ne fa tabula rasa. Come bonus, egli ci fornisce una visione soprannaturale del piano cosmico che fa funzionare l’intero universo, il “mistero” che sottende la storia. Egli ci dona la vita eterna come un dono gratuito, e come acconto su questa eredità, ci dà il potere soprannaturale del suo Spirito, residente nei nostri cuori.
Ma, naturalmente, c’è qualcosa da offrire in cambio. Siamo pieni di doni in modo che a nostra volta si possa divenire donatori. Naturalmente abbiamo un debito di amore, adorazione e gratitudine verso il Donatore. Ma non è questo che interessa a Lui. Dopo tutto, Lui è Dio, perfetto in se stesso, e senza alcun bisogno. Invece, la sua preoccupazione è per i nostri vicini i quali hanno i loro bisogni. Quello che noi abbiamo ricevuto in dono, Lui ci chiama a darlo in dono. Dobbiamo “passarlo agli altri”
Ecco perché Amos, un semplice pastore e coltivatore di sicomori, non solo riceve la parola di Dio, ma è chiamato a lasciare la sua casa di Giuda per portare quella parola al santuario reale di Bethel. È anche per questo che i pescatori e pubblicani prima diventano “discepoli”, coloro che ricevono e imparano l’insegnamento del maestro, ma poi vengono chiamati “apostoli”, cioè coloro che sono “inviati” a diffondere tale insegnamento
C’è una cosa strana, però. Quando profeti ed apostoli portano i doni di Dio per la città, non tutti sono entusiasti. Il cappellano del re disse ad Amos di tornarsene a casa. Gesù avvertì gli apostoli che ci sarebbe stato chi non avrebbe avuto alcun interesse per il loro messaggio. Dovevano scuotere la polvere di quelle città dai loro piedi e andare avanti.
La portata di queste Scritture, tuttavia, non è semplicemente limitata alla descrizione del lavoro del clero professionale e dei missionari stranieri. E’ vero che i vescovi della Chiesa cattolica sono i successori ufficiali degli apostoli e, infine, hanno la responsabilità della missione della Chiesa presso tutti i popoli. Eppure il loro ruolo non è quello di fare tutto, ma di sorvegliare (vescovo significa “sorvegliante” in greco) e dirigere tutto.
La Chiesa insegna che ogni persona che viene battezzata e cresimata riceve direttamente da Cristo il mandato di partecipare alla missione profetica del Signore.
Profeta significa letteralmente “portavoce”. Mentre la maggior parte di noi non potrà mai essere chiamata a pronunciare oracoli che predicono il futuro, tutti noi siamo chiamati a parlare in nome di Dio, un messaggio che talvolta interpella persone ed altre volte porta loro conforto. Mentre la maggior parte di noi non e’ chiamata al sacramento dell’Ordine, siamo tutti chiamati allo “apostolato laico”. E secondo l’insegnamento della Chiesa, siamo stati ampiamente attrezzati con i doni spirituali necessari per svolgere questa missione , dotata di “ogni benedizione spirituale nei cieli” (Efesini 1: 3).
Naturalmente abbiamo bisogno di sviluppare questi doni e affinare le nostre capacità apostoliche. Abbiamo bisogno di educazione e formazione.
Ma né Amos né gli apostoli erano preparati alla perfezione prima di essere inviati. Se aspettiamo di sapere tutto, non arriveremo mai a condividerlo. Arriva il momento in cui non ci resta che seguire lo slogan di Nike “just do it!” “Semplicemente fallo!”
Questo scritto si concentra sulla missione della chiesa e l’apostolato laico. Siamo chiamati ad essere discepoli, apostoli e profeti. Serve come riflessione sulle letture della 15ª Domenica del tempo ordinario, ciclo liturgico B (Amos 7: 12-15, Salmo 85, Efesini 1: 3-14, Marco 6: 7-13).
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