IL GIOVANE RICCO E RE SALOMONE
Sia il giovane ricco del vangelo di Marco che il re Salomone hanno dovuto fare una scelta molto difficile. Dovendo prendere una decisione simile, qual...
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La parabola del Fariseo e il Pubblicano (esattore delle tasse) in Luca 18 ci insegna molto riguardo a orgoglio, umilta’ e …follia. Ci da anche una visione di uno dei principali motti di battaglia della Riforma Protestante: “sola gratia”.
Ogni anno, in una delle migliori universita’ cattoliche americane, un professore fa un sondaggio sui suoi nuovi studenti. Pone loro questa domanda : “Se doveste morire stanotte e trovarvi alle porte del paradiso, quale sarebbe il vostro biglietto d’ingresso?”
Nove su dieci sostengono che la bonta’ del loro carattere e del loro comportamento dovrebbe consentire loro di entrare.
Questa e’ proprio la stessa strategia usata dal fariseo nella parabola raccontataci da Gesu’ in Luca 18:9-14.
Quando ascoltiamo questa storia, il fariseo ci suona presuntuoso. Il suo vero problema tuttavia e’ che, come gli studenti del sondaggio, non ha coscienza della realta’. Si aggiunga che questo non essere in contatto con la realta’ e’ la definizione di follia.
La realta’ e’ che noi siamo creature e Dio e’ il creatore. Il paradiso e’ l’esperienza di condividere con Dio l’intimita’ della sua vita interiore partecipando alla sua immortalita’ ed amicizia. Noi abbiamo meno diritto all’amicizia intima di Dio di quanto una pulce abbia diritto alla nostra amicizia. Come disse il filosofo danese Kierkegaard, c’e’ una differenza qualitativa infinita fra noi e Dio.
Infatti, basandoci esclusivamente sui nostri meriti, noi non possiamo avanzare nessuna rivendicazione verso Dio. Un diritto e’ basato sulla giustizia. Giustizia consiste nel ricevere cio’ che ci spetta e pagare quello che dobbiamo. Noi riceviamo da Dio la nostra stessa esistenza e tutto quello che e’ necessario per sostenerla. Di conseguenza gli dobbiamo ogni cosa – perfetto amore, onore, obbedienza ed adorazione. Apparire in chiesa di tanto in tanto, gettare un po’ di soldi nel cestino della colletta e cercare di essere della gente sostanzialmente decente non basta di certo a coprire i nostri debiti.
A guardar bene, alla luce di tutto quello di cui siamo debitori, i meriti del Fariseo non appaiono niente affatto piu’ impressionanti di quelli del’esattore delle tasse.
Questo e’ il motivo per cui Dio invio’ Gesu’. Attraverso i suoi atti di perfetta umilta’, obbedienza ed amore sulla croce, Gesu’ pago’ il debito che la nostra intera razza doveva a Dio. Questa e’ giustizia. E poi lo accredito’ sul nostro conto. Questa e’ misericordia. Un altro nome sarebbe quello di “grazia”.
Nel sedicesimo secolo, Martin Lutero, un frate Agostiniano, studio’ le lettere di San Paolo e giunse ad una conclusione sorprendente: “Per grazia infatti siete salvati mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene” (Efesini 2:8). Un momento. Ma questa non e’ la dottrina protestante? No. Nelle parole di Peter Kreeft, la Riforma Protestante comincio’ quando un monaco cattolico riscopri’ una dottrina cattolica in un libro cattolico.
A parlare con la maggioranza dei cattolici dei tempi di Lutero, non si sarebbe mai immaginato che questa fosse la dottrina cattolica. Malauguratamente il sondaggio universitario presentato all’inizio illustra come la stessa cosa succeda ancora. La maggioranza sembra coltivare ancora l’illusione del Fariseo di meritare la salvezza in base alle proprie buone azioni.
L’insegnamento della chiesa cattolica e’ sempre stato chiaro – e’ tutta grazia! Ogni bene naturale di cui godiamo –salute, lavoro, famiglia, istruzione – e’ un dono. Abbiamo dovuto sudare per ottenere quello che abbiamo? Certamente. Ma fummo creati dal nulla. La nostra stessa esistenza e capacita’ di lavorare e’ un dono. Se godiamo di una relazione personale ed intima con Dio come nostro Padre e Gesu’ come nostro fratello, anche questo e’ un dono.
Dobbiamo darci da fare spiritualmente per fare la volonta‘ di Dio e camminare lungo il percorso di opere buone che Dio ha segnato per noi? (Efesini 2:10). Naturalmente. Ma la stessa capacita’ di conoscere la volonta’ di Dio ed amare come Dio ama e’ pura grazia.
Il pubblicano non si faceva illusioni: sapeva come meritava di essere giudicato. Quindi chiedeva misericordia. Questo e’quanto di assennato si puo’ fare. Il Fariseo nell’illusione che le sue opere lo rendessero giusto, non pensava di aver bisogno di grazia e quindi non ne faceva richiesta. Il che e’ una cosa dissennata.
L’umilta’ non solo ha senso ma e‘ anche liberatrice. Ci rende capaci di smettere di pensare a cio’ che abbiamo fatto e cosa ci meritiamo, mettendoci invece a pensare a quello che Lui ha fatto ed a quanto Lui meriti. L’umilta’ puo’ cominciare col batterci sul petto e guardare a terra. Del resto il termine umilta’ viene dalla parola “humus” o terra. Ma l’umilta’ una volta matura guarda gioiosamente al cielo. Non con l’arroganza del fariseo, fate attenzione, ma con il ringraziamento felice di chi e’emozionato nel sapere di essere amato.
Questa riflessione sulla parabola del Fariseo e il Pubblicano discute il ruolo di orgoglio, umilta’ e grazia. E’ offerto come riflessione sulle letture della 30esima Domenica di Tempo Ordinario, Anno C (Sir 35:12-14, 16-18; 2 Tm 4:6-8, 16-18; Lc 18:9-14).
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